Appena presa l’uscita di Casal di Principe ci si accorge subito che oggi è un giorno speciale, i bus turistici sono parcheggiati già vicino al campo sportivo molto distanti dal centro, avvicinandosi si incrociano fiumane di scout e gente normale, tutti allegri: chi canta, chi suona, chi semplicemente si guarda in giro come a voler cercare conferma di quello che ha visto in tv, o a voler percepire nell’ambiente una qualche traccia camorristica.
Ad un occhio anche minimamente abituato a decifrare i contesti del meridione, balzano tutti quei cancelli blindati, quelle finestre chiuse dietro le quali si nascondono occhi che non vogliono o che non possono vedere. Quello che mi colpisce è che non si tratta di semplici cancelli, qui viene preclusa ogni minima possibilità di entrata con un eccesso di sbarre ed anche i portoni dei palazzi più antichi che ho sempre visto fatti in legno qui a Casale sono stati sostituiti dal ferro. Non cerco di dare spiegazioni razionali a quanto vedo anche se la prima cosa che mi viene in mente è che qui la gente ha un elevato senso di insicurezza… ma so che è una spiegazione troppo banale e probabilmente inesatta.
Parcheggio sulla strada che dalla periferia sud del centro arriva fino al Parco Don Peppe Diana e per quanto sia dietro che avanti a me ci siano parcheggiate altre autovetture, mi viene subito incontro un tipo uscito da un “circolo ricreativo” che mi dice che lì non posso parcheggiare. E chi osa dissentire? Faccio qualche metro in più e parcheggio in una traversa.
Mi reco al Parco Don Peppe Diana dove Gabriella mi ha detto di essere, per la strada altri scout e poi ragazzi dei gruppi di sinistra giovanile, questa è la sinistra che mi fa pensare: “Questa è la mia gente, io sono uno di loro”, lontani anni luce dai palazzi del potere, lontani dai Veltroni e dai Rutelli, l’atmosfera è di festa: lupetti, guide esploratori, rover, scolte e tanti capi, giocano, cantano, parlano tra di loro, c’è anche Don Ciotti con il fular del gruppo di Angri… Gabry però non la trovo la chiamo e mi faccio dire dov’è.
Suonano la canzone dei 100 passi, incontro Giuliano che mi dice di essere arrivato giusto in tempo per la mia canzone, sul palco c’è Stefano con la tamorra, mi salutano anche Mario e Chiara che sono lì con il clan del Napoli 6°.
Lateralmente vedo Nicola Ricciardi, oggi è la festa del papà gli faccio gli auguri e lui ricambia per San Giuseppe, ci sono anche Franco e Vittoria Patricolo non si può dire che non sia una famiglia con forti valori sociali, manca solo Barbara, solo perché vive a Roma.
Non ci vuole molto a sentirsi di nuovo parte di un tutt’uno “ e la strada si apre…passo dopo passo” mi ritrovo a canticchiare anch’io.
Ci sono i peschi in fiore, i rover e le scolte iniziano a ballare a sventolare i fazzolettoni: quei ragazzi sono lì per testimoniare che un mondo diverso è possibile, che c’è una Campania che chiede legalità, che ha imparato la lezione, che vuole guardare al futuro con occhi nuovi, una Campania che è stufa e che giorno dopo giorno costruisce, si impegna per edificare speranze, una Campania che non chiude gli occhi.
“E lo scopri negli occhi è vero, in quegli occhi tornati bambini, han saputo rischiare, lascia tutto se vuoi sulla sua strada andare scordare i suoi fini.Un aquilone nel vento chiama,tendi il filo, è ora, puoi!Le scelte di oggi per un mondo che cambia, pronti a servire è ancora "scouting for boys"
questa Stefano non me la doveva fare, l’emozione mi rompe la voce in petto, guardo i ragazzi, penso a quanto io faccia poco, a quanto vorrei di nuovo far roteare il mio fazzolettone, spero di riuscire ad essere coerente con le mie scelte e mi ritrovo a piangere sul monumento in ricordo di Don Peppino, chissà cosa avranno pensato quei lupetti che mi vedevano, devo andarmene, oggi qui è primavera non c’è posto per le lacrime, solo un ultimo saluto a Don Peppino.
Per amore della mia terra.