13 novembre 2006

ADDIO MEROLA...CANTANAPOLI NON HA PIU' LA SUA VOCE

Il vecchio leone non ce l’ha fatta. Mario Merola è morto ieri sera alle 21.30 per un prolungato arresto cardiaco. Se n’è andato tra l’abbraccio della sua gente, tra centinaia di persone che hanno letteralmente assediato il San Leonardo, l’ospedale dov’era ricoverato da martedì scorso. Se n’è andato quando in tanti credevano che ce l’avrebbe fatta, che sarebbe riuscito a superare una grave crisi cardiaca. Sono passate da poco le 13 quando Merola dà segni di risveglio, risponde alle sollecitazioni dell’equipe del professor Aniello De Nicola, primario della Rianimazione. È cosciente, risponde ai comandi elementari, apre gli occhi, addirittura morde un dito del primario quando questi tenta di spostare un tubicino nella sua bocca. Sembra la ripresa. «Papà si è svegliato», dice Roberto, che capisce la prudenza dei medici e non vuole sbilanciarsi. Però si sente un po’ sollevato, dopo che suo fratello è stato chiamato in Rianimazione. Sì, Francesco entra e riesce a parlare al padre. Gli legge anche una letterina della nipotina Camilla. Gli dice: «Tutta la città sta tifando per te. E ti grida: non mollare». «Tieni duro», gli ripete francesco. E Merola, se anche soltanto con gli occhi, sembra capire e far cenno di sì. È un segno del suo carattere indomito. Ma il cuore è troppo debole. Il professor Alfieri, luminare della cardiochirurgia, consigliato da Maurizio Costanzo e giunto nel pomeriggio al suo capezzale, trova le funzioni cardiache troppo compromesse per tentare un intervento alla valvola aortica. «Il cuore è al venti per cento»: questa la sua diagnosi. E infatti Merola perde di nuovo coscienza nel tardo pomeriggio. Giù, in strada, la notizia del peggioramento si diffonde in un baleno. E la gente piange, la gente prega. In serata ha quattro arresti cardiaci. I medici tentano di intervenire, ma i tentativi di rianimarlo falliscono. Alle 21.30 - fa sapere la dottoressa Elena Giancotti, direttrice sanitaria del San Leonardo - Merola si spegne «in seguito a un prolungato arresto cardiocircolatorio refrattario alle terapie». La notizia si sparge in un baleno. Sempre più gente si raccoglie davanti all’ospedale, all’ingresso del pronto soccorso. Intervengono polizia, carabinieri, protezione civile e guardie della security per frenare l’amore dei fan. «Sì, vengo da San Giorgio a Cremano - dice Nina - sono stata qui anche nei giorni scorsi. Speravo ce la facesse. Muore un mito, ma resterà sempre con noi». E Franco: «Non volevo crederci. Quando gli amici mi hanno avvisato con un sms, sono corso subito qui, per stare accanto al maestro». E Roberto: «È l’ultimo rappresentante di Napoli, dopo Totò». Non sono parole di circostanza. Quando si diffonde la notizia che la bara sarà portata nella cappella dell’ospedale, si scatena la ressa. Tutti vogliono esserci. la piccola chiesa si riempie in un attimo e un lungo applauso accoglie, poco poco, il feretro, portato a spalla. Ma c’è troppa gente, perfino sull’altare, e si accalca contro la bara. È così numerosa che il figlio Francesco urla: «Lasciate stare papà» e si sente male. Devono intervenire le forze dell’ordine, che sgomberano la cappella per consentire alla famiglia, finalmente, di restare sola con il feretro. Poco dopo viene anche celebrata una Messa. A tarda sera si decide di organizzare la camera ardente già stamattina al Carmine, dove Merola è nato e dove probabilmente si svolgeranno, domani, i funerali. L’agonia del re della sceneggiata comincia lunedì scorso. Il cantante si sente male dopo aver mangiato frutti di mare, ma sottovaluta il problema. Martedì è la moglie Rosa a comprendere la gravità della situazione e a chiamare il 118. Merola viene portato prima all’ospedale Maresca di Torre del Greco, che non ha un reparto di rianimazione, poi al San Leonardo, visto che al Vecchio Pellegrini non c’è posto. È l’ultino di una lunga serie di ricoveri: il primo nel ’97, quando tutti temettero già per la sua vita; e poi nel 2001 e l’anno scorso. Al San Leonardo cominciano sei lunghi giorni di calvario, di paura e speranza. I fan gli si stringono intorno. Sono gente comune, cantanti, istituzioni, dal governatore Bassolino, al ministro Mastella, da D’Alessio a Finizio,, tutti al capezzale di un maestro, ultimo testimone di una Napoli che se n’è andata molto prima di lui.

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